domenica, Aprile 28, 2024

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Cinema e Tv

“Indiana Jones e la Magia” di Roberto Bombassei

“La magia è un ponte che ti permette di passare dal mondo visibile in quello invisibile. E imparare le lezioni di entrambi i mondi.” PAULO COELHO

Uscito da poco nei cinema il quinto e ultimo capitolo della saga di Indiana Jones da titolo “Indiana Jones – il quadrante del destino”

È il primo e unico film della serie non diretto da Steven Spielberg né con una storia scritta da George Lucas, i quali però figurano come produttori esecutivi.

È anche il primo e unico film della serie a non essere distribuito dalla Paramount, poiché la Disney ha acquisito i diritti del film in seguito all’acquisizione della Lucasfilm.

Con un budget di produzione di $295 milioni, è il film più costoso della serie di Indiana Jones e anche uno dei più costosi della storia del cinema.

Il “quadrante del destino” si ispira al meccanismo di Antikythera, (o macchina di Anticitera), strumento per calcoli astronomici rinvenuto nel 1901: si trovava nel relitto di un mercantile romano di 2.000 anni fa al largo dell’isolotto di Anticitera, tra Creta e il Peloponneso.

Quando fu ripescato i ricercatori del Museo archeologico nazionale di Atene si accorsero di alcuni sofisticati ingranaggi in bronzo al suo interno, con ruote dentate di precisione spesse pochi millimetri. Una tecnologia all’avanguardia?

gli studiosi notarono presto che una delle sue funzioni primarie aveva a che fare con la tracciatura del moto solare, lunare e delle cinque stelle erranti.

Il primo a ipotizzare che quel groviglio di pezzi incisi e ruote dentate fosse una macchina calcolatrice fu il filologo tedesco Albert Rehm, il quale capì, per esempio, che il numero 19 scolpito su un frammento era un riferimento al cosiddetto ciclo metonico descrive la corrispondenza approssimata tra 19 anni solari e 235 cicli lunari.

Nel 1974, il fisico britannico Derek J. de Solla Price pubblicò un articolo in cui si mettevano per la prima volta in relazione il planetario di Archimede e la macchina di Anticitera, suggerendo che la paternità del meccanismo fosse del genio di Siracusa.

Si comprese quindi come il dispositivo potesse definire le posizioni di Sole, Luna e pianeti in un giorno specifico, nel passato o nel futuro.

Tre studiosi greci della Cornell University hanno ipotizzato che la data del 22 dicembre del 178 a.C. sarebbe stata ideale per la calibrazione iniziale della macchina.

In quei giorni, infatti, si verificavano contemporaneamente tre eventi riguardanti la Luna: era nuova, era all’apogeo (cioè, nel punto di massima distanza dalla Terra) e si trovava in uno dei nodi. Una coincidenza rarissima, tanto da ispirare un film.

LA MAGIA E INDIANA JONES

Il mito di indy ha molti punti di contatto con il mondo magico.

Indiana Jones è “un uomo dai molti talenti”. intelligente, ben istruito, adattabile e abilissimo nella fuga, Professore universitario di archeologia, ha una profonda conoscenza delle antiche civiltà e della storia, così come di leggende, manufatti, idoli e usanze di diverse etnie. È anche un esperto dell’occulto. Anni di istruzione ed esperienza in molte parti del mondo lo hanno reso un poliglotta in grado di parlare e leggere diverse lingue inglese, egiziano, maya, latino, cinese, indiano, greco, quechua e russo.

L’immagine di Indiana Jones può trovare un riferimento nella vita e nella figura di Giovanni Battista Belzoni, avventuroso archeologo italiano del XVIII secolo. Infatti, fu proprio George Lucas che, in un’intervista dichiarò che per il personaggio di Indy si fece ispirare proprio da Belzoni definendolo «un archeologo eccezionale ma dotato di un carattere forte e rude».

Giovanni Battista Belzoni noto anche come “il Grande Belzoni” è stato un esploratore, ingegnere e pioniere dell’archeologia italiano. È considerato una delle figure di primo piano dell’egittologia mondiale, nonostante appartenesse a una fase ancora immatura di tale disciplina.

Nacque nel 1778 a Padova, a quel tempo facente parte della Repubblica di Venezia. Il vero cognome era Bolzon, in seguito cambiato in Belzoni.

Cominciò a lavorare molto giovane come barbiere nella bottega del padre. A 16 anni, nell’età dell’adolescenza, si trasferì a Roma, dove studiò ingegneria idraulica e, affascinato dalle rovine della capitale, si avvicinò al mondo dell’archeologia.

In Inghilterra si guadagnò da vivere sfruttando la sua notevole statura (era alto due metri) e la sua forza erculea, lavorando come “uomo forzuto” con il nome di “Patagonian Samson” (“Sansone Patagonico”) al teatro Sadler’s Wells e al circo Astley di Londra.

Il pezzo forte del suo spettacolo giungeva quando, caricatosi sulle spalle una specie di giogo, arrivava a sostenere da solo una piramide umana costituita da dieci persone e a portarla in giro per il palco.

In seguito, portò questo spettacolo in tutto il paese, unitamente a un sistema di fontane che creavano un originale gioco d’acqua mosse da una macchina idraulica di sua invenzione, riscuotendo un discreto successo.

Dopo aver girovagato a lungo in Inghilterra, fu preso dalla nostalgia dei grandi viaggi e decise di esibirsi anche all’estero e, dopo una serie di spettacoli in Spagna, Portogallo e Sicilia, approdò a Malta.

Qui conobbe Ismael Gibraltar, un emissario di Mehmet Ali, il pascià d’Egitto, che era a quei tempi una provincia dell’Impero ottomano.

Sbarcò ad Alessandria d’Egitto il 9 giugno 1815, accompagnato dalla moglie e da un servitore irlandese, mentre era in corso un’epidemia di peste.

Fu l’inizio del suo successo come archeologo. Scoprì tombe ad Abu Simbel, ha portato alla luce otto tombe nella sola Valle dei Re e scopri l’ingresso della piramide di Chefren, la seconda per altezza dopo quella di Cheope.

Riuscì nel suo intento dopo aver scrupolosamente studiato la struttura interna della vicina piramide di Cheope.

Siccome troppo spesso altri si erano appropriati delle sue scoperte, lasciò la sua vistosissima firma, in italiano, all’interno della camera sepolcrale («Scoperta da G. Belzoni. 2. mar. 1818.»).

L’impresa generò comunque in Inghilterra un entusiasmo tale che fu coniata una moneta di bronzo in suo onore, recante la sua effigie da un lato e la piramide dall’altro.

Nel campo dell’archeologia egizia fu considerato per lungo tempo un modello da imitare dagli esploratori che lo seguirono e molti furono gli esperti e i critici di egittologia che lo stimarono e lo additarono come esempio.

Il poeta inglese Percy Bysshe Shelley trasse ispirazione dal grande busto di Ramesse II al British Museum per comporre il sonetto Ozymandias.

Tra le varie iniziative della città di Padova per onorare Belzoni, il suo nome è stato dato alla via dove nacque e, nel 1882, a un istituto tecnico per geometri cittadino.

Nel Palazzo della Ragione è stato affisso il medaglione in marmo che lo raffigura, eseguito dallo scultore locale Rinaldo Rinaldi.

Nella sala egizia del Museo archeologico di Padova, dove si trovano reperti donati da Belzoni alla città, è stata ricavata una postazione multimediale dedicata alla sua vita.

Una medaglia in bronzo con il suo ritratto è esposta al British Museum di Londra.

Tra i vari comuni che hanno strade a lui intitolate vi sono Roma, Mirano, Castelfranco Veneto, Campodarsego e Monselice, che gli ha dedicato anche una targa.

Una città del Mississippi porta il suo nome.

Il nº 10 dei romanzi a fumetti Bonelli della Sergio Bonelli Editore, pubblicato nel novembre 2013 e intitolato Il grande Belzoni, ricostruisce romanzescamente la sua vita.

Un busto in creta che lo raffigura è stato inaugurato a Luxor nel 2017, per il bicentenario della sua scoperta dell’ingresso al tempio di Abu Simbel.

Il documentario di 50 minuti The Great Belzoni sulla sua vita fu realizzato nel 1995 dalla Atlantic Productions in associazione con Discovery Channel per la miniserie Seekers of the Lost Treasure.

Il filmato è in lingua inglese e la voce del narratore è di Jeremy Irons.

Belzoni è stato interpretato da Matthew Kelly nel 2005 per il docu-drama della BBC Egypt, della durata di due ore.

Ritornando a indy, nel film Indiana Jones – I predatori dell’Arca perduta dice “Io non credo nella magia, sono soltanto un mucchio di stupide superstizioni”

Per chiudere il cerchio, nell’ultimo capitolo della saga, Indiana Jones riprende il concetto e, da uomo saggio, lo allarga dicendo “Non credo nella magia ma talvolta nella mia vita ho visto delle cose che non riesco a spiegare. E ho capito che non è a cosa credi, il punto… ma con quanta forza ci credi!”

Andrea Clemente Pancotti

Principalmente sono io Andrea Clemente Pancotti: infanzia rovinata dai fascicoli di “STUPIRE!” di Carlo “Mago Fax” Faggi. Abbandona l’Arte per poi riscoprirla alla soglia degli ‘anta.“. Ora il team si e’ allargato, siamo comunque un gruppo di amatori, seriamente innamorati della Magia…

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