Intervista a Sandro Loporcaro “Amazo”
Prestigiatore ma anche creatore di oggetti magici e nuovi effetti, Sandro Loporcaro “Amazo” è un artista a tutto tondo.
Iniziamo dall’inizio, quando hai iniziato a fare magia, come ti ci sei avvicinato e quali sono i tuoi maestri.
Sono dell’idea che in alcuni casi si nasca con questa vocazione, poi ognuno prima o dopo scopre di averla. Succede in altri ambiti artistici, perché non può accadere con la prestidigitazione? Ho scoperto di avere questa vocazione quando avevo 5 anni quando vidi uno strano prestigiatore vestito da Pierrot nella mia scuola. Eseguì il famoso numero della banconota firmata nel limone. Non ho mai né rivisto né sentito quel prestigiatore né con gli anni ho capito chi fosse. Un vero mistero. In quegli anni (si parla di metà anni ’80) vedere eseguire quel numero con quella maestria non capitava tutti i giorni, si trattava senz’altro di un prestigiatore navigato.
E poi?
Dopo quello e altri numeri di magia con alcuni foulard colorati rimasi così incantato che tornato a casa tentai di replicarli a modo mio. Poco dopo fu la volta della mia prima scatola di giochi di prestigio. Convinsi mio nonno ad andare in un negozio di giocattoli e acquistare il mio primo kit dopo aver visto la pubblicità in tv. Possiedo ancora parte di quella scatola e il libretto didattico, era Martin Michalski. E così cominciai dopo un po’ di pratica ad eseguire i primi effetti, inizialmente a scuola durante la ricreazione e poi in famiglia. Il divertimento e lo stupore che suscitavo mi spinsero a continuare. Di maestri non ne ho avuti, ammiro molto i prestigiatori dell’700 e dell’800. È cominciato tutto da li.
Come si sono evolute le cose?
Dopo quei primi anni in cui praticavo la magia da scatola, di cui conoscevo tutti gli effetti a memoria, cominciai a sentire la necessità di ritagliarmi un tipo di magia del tutto personale. Siamo a metà anni ’90. Mi recavo nelle poche librerie commerciali e nel fine settimana nei mercatini dei libri della mia citta che erano il più delle volte tendoni bianchi pieni di libri a buon mercato a cercare testi che parlassero di prestidigitazione e magia, anche quella esoterica, all’epoca non facevo distinzione. Con i risparmi e con i modesti proventi dei primi spettacoli che tenevo in famiglia e tra gli amici riuscivo a comperare quello che potevo, ovvero i testi che più in quel momento mi garbavano. Alcuni erano sigillati e il rivenditore non permetteva di disfare i sigilli. Non riuscendo a resistere alla tentazione di leggerne il contenuto lo comperavo. Il più delle volte ci azzeccavo, altre volte invece si trattava di romanzi o gialli. Erano anni in cui non esisteva la tecnologia attuale per cui le uniche speranze che avevo di gustare la magia erano i libri e la tv.
In questi mercatini trovavi anche altre cose riguardanti la magia?
Sì, mi capitava di trovare anche qualche mazzo di carte e qualche altro giochino impacchettato che ricordo si vendevano a 1000 lire ciascuno. Mi soffermavo molto sulle carte, sia come giochi che eseguivo che come bibliografia. Mi affascinava molto all’epoca come tutt’oggi la storia delle carte da gioco. Portavo sempre in tasca con me un mazzo di carte e quando iniziavano ad usurarsi e a perdere l’elasticità iniziai a praticare la manipolazione scenica mettendo del borotalco sulle stesse per farle scivolare in modo omogeneo. La cosa funzionava discretamente.
Ad un certo punto inizi a conoscere persone con la tua stessa passione…
Sì, poco più che adolescente mi trovai ad assistere ad alcune performance di prestigiatori e aspiranti tali, allorché venni a conoscenza di altri che praticavano l’arte. Entrai così in contatto con persone più grandi e con più esperienza. Frequentavo quasi settimanalmente recandomi al suo paese da solo in treno un signore anziano, appassionato di prestigiazione. Ricordo che l’incontro era sempre al solito bar nei pressi della stazione. Sedevamo un po’ appartati sui pochi tavoli rotondi in legno presenti. Era gentile e garbato. Prendeva sempre un bicchiere di latte caldo e mi offriva un succo d’arancia. Rimanevo con lui ore a chiacchierare e a discutere un particolare effetto di Cartomagia. Mi divertivo molto con lui per la sua naturale simpatia, anche se non praticava l’arte come professione eseguiva alcuni effetti in modo impeccabile. Rimanevo affascinato molto dai suoi racconti e dagli aneddoti che menzionava spesso durante i nostri incontri e parlo di quando all’epoca suo padre lo portava a teatro vedere gli spettacoli di Bustelli, Chabernot e altri. Oltre ad uno studio costante e una pratica quotidiana da autodidatta queste frequentazioni, anche se esigue, sono state preziose per me e per la mia formazione.
Che tipo di oggetti ed effetti magici produci?
Ogni disciplina artistica credo che necessiti di ammodernamento. La magia è la mia materia e credo che l’artista debba puntare sempre verso la perfezione dell’arte (qualunque essa sia) per stupire il pubblico. La mia continua ricerca supportata dall’ispirazione naturalmente mi porta a creare effetti convincenti ma allo stesso tempo semplici nella loro esecuzione. Come ho già menzionato in altre interviste, il mio è un tipo di magia minimalista, classicheggiante ma portato all’estremo per quanto possibile. Gli effetti prodotti in questi ultimi anni hanno la caratteristica della semplicità, del massimo impatto sul pubblico (anche addetti ai lavori) e oserei dire dell’originalità.
Per che tipo di magia sono i tuoi oggetti ed effetti (scena, close-up…)
Sono per la maggior parte effetti che rientrano nella magia da salotto o da scena. Ma naturalmente mi sono spinto anche nel campo del mentalismo, della Micromagia e delle illusioni. È sono proprio le grandi illusioni che ultimamente occupano gran parte delle mie ricerche, poiché credo che negli ultimi decenni si siano mossi pochi passi verso il rinnovamento e la creazione di grossi effetti intesi come grandi illusioni. Esse rappresentano il più alto grado di maestria nell’illusionismo, poiché oltre a dare prova di creatività fuori dal comune devono intrattenere un alto numero di spettatori e allo stesso tempo trarli in “inganno”.
Quanto è difficile creare un nuovo oggetto magico o un nuovo effetto?
Si tratta di una domanda semplice ma difficile allo stesso tempo. Si dorme poco in questo “lavoro”. Per alcuni artisti del nostro settore creare effetti nuovi o innovativi è abbastanza semplice, per altri abbastanza complicato, per altri quasi impossibile. Si può poi considerare un artista colui che non crea nessun effetto originale nel corso della sua carriera? Credo che tutto dipende dal proprio modo di vedere le cose che ci circondano. Nel corso della mia esperienza artistica e professionale ho sviluppato diverse teorie.
Per esempio?
Credo che l’arte in generale sia un unico “impasto”. Ogni artista poi tira via un pezzo da questo impasto e comincia a modellarlo secondo la sua personalità e il suo talento. Spero di aver reso l’idea. È quindi sbagliato fare una separazione tra le varie discipline artistiche poiché, sempre nell’esempio dell’impasto, la musica può attingere (come già accade) dalla pittura, la pittura può attingere dell’illusionismo, quest’ultimo può attingere dal cinema, il cinema può attingere dalla letteratura, la letteratura può attingere dal teatro e così via. A volte mi piace pensare che se non ci fosse stato Fregoli forse Pirandello non avrebbe mai potuto scrivere il suo romanzo Uno, nessuno, centomila… e di esempi di questo tipo ne esistono innumerevoli. Per cui direi che la concezione di un nuovo effetto presuppone una profonda conoscenza della propria disciplina artistica e naturalmente della sua storia, benché una buona dose di creatività e una notevole esperienza nel proprio specifico campo. Ogni intuizione va poi approfondita e ottimizzata, il talento fa il resto.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Non mi considero un fatalista, ma per i progetti futuri lascio decidere il futuro. Sto ragionando sulla concezione e il rinnovamento di molti effetti work in progress, che dal mio taccuino spero di portare alla luce e altri trattati oltre a quello in uscita nelle librerie sono in cantiere. Ma quello che più mi piacerebbe realizzare come progetto è la sparizione di un grande monumento come Castel del Monte.
Perché proprio Castel del Monte?
È un monumento che mi ha sempre affascinato che ho visitato più volte (e non perché sono pugliese) di cui osservando sia l’unicità che il mistero che aleggia intorno ad esso credo sia il luogo ideale per creare un’illusione misteriosa e convincente allo stesso tempo. Non so se riuscirò un giorno nell’impresa.
Hai anche in programma un ciclo di conferenze…
Sì, il giro di conferenze partirà a Milano il 20 aprile di quest’anno. Ne ho tenute altre all’estero, ma farle nel proprio paese credo abbia un sapore diverso. Mi piacerebbe ritagliare parte della mia attività artistica nella cura dei congressi, anche perché adoro viaggiare.
Quale aspetto della prestigiazione preferisci (tecnica, presentazione…)?
La creatività. Credo sia l’aspetto che in primis preferisco anteposto della tecnica e alla presentazione.
Perché?
Perché tecnica e presentazione sono aspetti si essenziali ma non dimentichiamo che il pubblico vuole anche vedere effetti nuovi e interessanti e la creatività può aiutare molto un prestigiatore che ambisce a questo titolo. Un prestigiatore oggi non può non essere originale per farsi notare. Ci sono mille modi di preparare una torta e allo stesso tempo mille modi per presentare con creatività e con il proprio modo di fare magia un effetto nuovo o rivisitato che sia. Credo che più un effetto sia originale maggiori sono le possibilità che il pubblico apprezzi. Credo poi che la società non abbia bisogno di cantati, di musicisti, di maghi, di pittori ecc. ma ha bisogno di artisti.
In che senso?
Non mi convincono molto i personaggi che mescolano le vari arti per dare spettacolo, come purtroppo ultimamente si vedono. La prestidigitazione è un’arte così nobile e sofisticata, guai metterla nelle mani sbagliate.
E per quanto riguarda presentazione e tecnica?
La presentazione la colloco un gradino sotto la creatività poiché presentare in maniera convincente e mai scontata (sia nel muto che nel parlato) un effetto non è cosa da poco. Una buona presentazione è frutto di una certa esperienza. Possiamo dire che con una buona presentazione anche un numero non proprio originale può essere ben apprezzato dal pubblico. Per la tecnica invece ho un interesse particolare perché la maestria di un prestigiatore si vede anche dalla tecnica che egli adotta per presentare ad esempio una manipolazione. E credo che solo nella manipolazione in senso stretto il prestigiatore debba dare sfoggio della propria tecnica, diversamente è tenuto a nascondere la propria abilità. Tecnica significa anche allenamento, un aspetto a cui non potrei mai rinunciare.
Altri aspetti che ti intrigano della prestigiazione?
La storia dell’illusionismo e la psicologia del prestigiatore in termini sociali.
C’è un momento della tua carriera da mago che ricordi più intensamente?
Sono molteplici. Potrei dire che i momenti più emozionanti sono le reazioni del pubblico, quando in coro fanno ohhhh!! È la prova dello stupore che ho suscitato durante il mio spettacolo. Oppure potrei riportare quando dagli Stati Uniti il compianto Richardo Fantasio mi inviò, saputo del mio effetto Dread Dots Vanishing Cane (forse uno dei pochi articoli magici brevettati in Italia) un premio targa dorato su un supporto di legno che custodisco accuratamente. È stato un premio inaspettato che ha segnato l’inizio della mia produzione artistica internazionale. Ricordo quando lo tirai fuori dal sigillo, mi emozionai pensando a quanto il grande Fantasio era stato generoso. Di momenti ne potrei raccontare tanti sia nella vita artistica che nella vita privata. Oppure quando Houdini mi venne in sogno anticipandomi un avvenimento che poi si avverò a distanza di mesi (che non potevo immaginare) nella mia attività artistica. Fu così che mi convinsi che la magia è stata sempre parte integrante della mia vita.
Di Giulia Galliano Sacchetto